Da 2009 a 2014 tra i primari c'è stato un aumento del 37%
Dermatologi, ginecologi, otorini: sono sempre più i medici in extramoenia, ovvero che lavorano in ospedali pubblici ma che, una vota finito il turno, si dirigono verso la clinica o la casa di cura privata per iniziare un secondo round di visite o interventi. A lanciare l'allarme è la Cgil Funzione Pubblica, secondo cui il loro numero, in particolare tra i primari, è cresciuto di ben il 37% dal 2009 al 2014.
Un trend "allarmante", che si è affermato "nel silenzio della politica". Secondo un'elaborazione fatta dalla Cgil sui dati del Conto annuale del Tesoro, il numero dei medici in libera professione extramuraria è aumentato dal 2009 al 2014 di 1.
In altre parole, sottolinea Cozza, "chi dirige i reparti ospedalieri e li dovrebbe organizzare, lavora sempre di più anche nel privato, in modo non regolamentato e concorrenziale allo stesso pubblico". Cosa non prevista, tra l'altro, nelle regioni che si caratterizzano per una 'migliore' sanità, ovvero Toscana, Umbria ed Emilia Romagna. Il fenomeno, secondo Tonino Aceti, coordinatore di Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato, è "frutto di un disinteresse della sanità pubblica a un controllo reale della libera professione ma è anche conseguenza del depauperamento del servizio pubblico che, negli ultimi anni, politiche scellerate hanno reso sempre meno concorrenziale".
"Non mi sembra una fuga di massa - commenta Costantino Troise, segretario del sindacato dei dirigenti della sanità pubblica Anaao - ma è da tenere sotto controllo, anche perché rivela una certa sofferenza e mancanza di gratificazione nelle fasce professionali più alte del Ssn. Forse anche per via di un sistema intramoenia sempre più burocratizzato". E il tema si inserisce proprio nel dibattito circa la proposta di abolire l'intramoenia lanciata, nei giorni scorsi, dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. Un'ipotesi "su cui si potrebbe anche aprire un confronto" ma che, se non accompagnata da nuove assunzioni, rischia, secondo Massimo Cozza, di "trasformarsi in un boomerang". "Non cambierebbe infatti la lista di attesa e il cittadino non avrebbe più la possibilità di avere prestazioni anche se a pagamento, ma con tariffe e modalità regolamentate all'interno del servizio pubblico".
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