Nella pratica quotidiana noi ginecologi siamo tenuti ad informare i futuri genitori su tutte le tecniche diagnostiche prenatali attualmente esistenti.
I recenti progressi della citogenetica molecolare hanno permesso di incrementare la possibilità di evidenziare riarrangiamenti cromosomici sbilanciati di dimensioni inferiori a quelli visibili con le tecniche di citogenetica convenzionale.
Il cariotipo citogenetico tradizionale consente di analizzare il numero dei cromosomi e la loro morfologia, parametri importanti per la diagnosi di trisomie, monosomie e traslocazioni. Il limite di risoluzione di questa tecnica, però, permette di evidenziare solo le anomalie strutturali più grandi di 10-15 Mb.
Non consente, quindi, di ottenere informazioni sui geni che sono contenuti all’interno dei cromosomi o sulle alterazioni cromosomiche come delezioni o duplicazioni, di piccole dimensioni. Se pur rare, queste alterazioni sono tuttavia un numero elevatissimo e sono comunque causa di nascita di bambini affetti da patologie che potrebbero essere diagnosticate già in fase prenatale.
L’array-CGH è una tecnica molecolare e come tale non necessita di coltura cellulare per cui non è soggetta al rischio di mancata crescita e quindi di necessità di ripetizione del prelievo. Il risultato è pertanto garantito nel 100% dei casi ed in soli 2-3 giorni, a differenza dei 15-20 giorni necessari con la tecnica tradizionale. Attraverso l’analisi bioinformatica è possibile definire con precisione sia la regione genomica alterata che i geni in essa contenuta, permettendo così di verificare la patogenicità dell’anomalia cromosomica riscontrata e valutare le conseguenze cliniche.
Oltre allo studio dell’assetto cromosomico fetale indaga anche un gruppo di 100 patologie causate da microdelezione o microduplicazione cromosomica ed essendo facilmente automatizzabile risulta meno soggetta a rischio di errore. I suoi limiti nell’ambito della diagnosi prenatale sono rappresentati dall’impossibilità di rilevare i riarrangiamenti cromosomici bilanciati non patologici e i mosaicismi con una linea cellulare inferiore al 10% circa
L'analisi array-CGH può essere anche una tecnica di approfondimento diagnostico di 2^ livello per integrare l’analisi citogenetica prenatale al fine di definire più accuratamente eventuali anomalie cromosomiche precedentemente identificate o per rivelare microriarrangiamenti non evidenziabili con l'indagine del cariotipo fetale.
Infatti, l'integrazione dell'analisi citogenetica convenzionale con l'array-CGH incrementa notevolmente le possibilità di determinare le cause della patologia riscontrata nel feto ed eventualmente permette di definire più accuratamente il rischio di ricorrenza. Risulta di grande utilità ogni qualvolta si evidenziano, tramite ecografia, difetti dello sviluppo fetale verosimilmente riconducibili ad una patologia cromosomica, il cui cariotipo tradizionale è però risultato normale. Può inoltre essere utilizzata come analisi di approfondimento anche nei casi in cui attraverso l’analisi citogenetica prenatale sono state evidenziate anomalie cromosomiche (riarrangiamenti sbilanciati, riarrangiamenti apparentemente bilanciati de novo e cromosomi marcatori) e dopo aborti spontanei e terapeutici. Se coadiuvata dalla QF-PCR permette di determinare la stato di zigosità in gravidanze gemellari come pure la rapida identificazione di contaminazione materna che non è apprezzata dalla FISH e dal cariotipo tradizionale.
Nella pratica quotidiana ginecologico-ostetrica, noi ginecologi siamo tenuti ad informare i futuri genitori su tutte le tecniche diagnostiche prenatali attualmente esistenti e a discutere con loro dei vantaggi ed anche dei limiti dei singoli esami, nonché a precisare che gli esami che si possono effettuare tra l’11^ e la 16^ settimana servono per escludere patologie cromosomiche e non escludono molte malformazioni acquisite o malattie genetiche recessive. Per la diagnosi di queste alterazioni l’ecografia morfologica del II trimestre con tecnica 3D/4D rimane l’accertamento cardine per eseguire un esame dettagliato dell'anatomia fetale.
Già con l’ecografia morfologica precoce di secondo livello, detta anche "premorfologica", eseguibile tra la 14^ e la 16^ sempre con tecnica 3D/4D si possono individuare circa il 70% delle malformazioni cardiache maggiori ed il 30/40% di quelle extracardiache. Questo esame, indicato principalmente nelle pazienti che hanno avuto un precedente feto con malformazione, rappresenta in mani esperte comunque una indagine in grado di evidenziare anomalie fetali in epoca molto più precoce rispetto all'esame morfologico di routine della 20^-22^ settimana.
L’ecografia premorfologica è utile anche nella ricerca di markers per le principali aneuploidie (controllo dell'osso nasale, dello spessore della plica nucale, della presenza di pielectasia renale ed intestino iperecogeno) nelle pazienti che non sono riuscite ad eseguire il test combinato o la sola translucenza nucale e pertanto può essere anche un valido screening per eseguire una amniocentesi integrando analisi citogenetica convenzionale con cariotipo molecolare.
“Contenuto a carattere medico o sanitario proveniente da una esperienza personale dell’utente”
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