Se non c'è abitualità non ci sono obblighi di fatturazione elettronica per i compensi erogati dalla Pubblica amministrazione ai dipendenti pubblici che rendono consulenze tecniche d’ufficio
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 88/E del 19 ottobre 2015, (clicca qui per scaricare il testo integrale) ha fornito alcuni sugli obblighi di fatturazione dei compensi sulle Consulenze tecniche d’ufficio.
In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate osserva che la disciplina introdotta in materia di fatturazione elettronica non ha creato una categoria sostanziale nuova o diversa dalla fattura “ordinaria”, con la conseguenza che, pur nel limite della compatibilità con gli elementi che la caratterizzano, continuano a trovare applicazione tutti i chiarimenti già emanati con riferimento generale alla fatturazione, nonché le deroghe previste da specifiche disposizioni normative di settore.
Ciò premesso, richiamando un precedente chiarimento (cfr Ris. 47/E/2015), l’Agenzia delle Entrate rileva che per i medici, dipendenti in rapporto esclusivo, autorizzati ad espletare la consulenza medico-legale a titolo personale al di fuori dell’attività intramuraria, occorre distinguere il caso in cui le prestazioni medico-legali siano rese all'Autorità giudiziaria nell’ambito del procedimento penale; rispetto a quello in cui tali prestazioni siano rese nel quadro di un giudizio civile o eseguite per finalità assicurative, amministrative e simili.
Nel primo caso, infatti, l’attività di consulenza prestata costituisce esercizio di pubblica funzione. Conseguentemente, il trattamento fiscale dei relativi compensi deve essere determinato ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. f) del TUIR. Si tratta, prosegue l’Agenzia, di compensi rientranti tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i quali, tuttavia, in base alla stessa disposizione, perdono tale qualificazione per essere attratti nella categoria redditualepropria del soggetto esercente la pubblica funzione, nell’ipotesi in cui questi svolga attività di lavoro autonomo o d’impresa.
Quanto alla seconda ipotesi (giudizio civile), la risoluzione osserva che, se la consulenza è svolta con carattere di abitualità, il relativo reddito dovrà essere assoggettato al regime del reddito di lavoro autonomo (ex. art. 53 del TUIR). Ne deriva l’applicabilità della disciplina prevista per i redditi di natura professionale che implica, sotto il profilo dell'imposta sul valore aggiunto, non solo il necessario possesso (o apertura) della partita IVA, ma anche l’obbligo di fatturazione elettronica (laddove chi eroga i compensi si qualifichi come ente della PA secondo i chiarimenti forniti nella circolare n. 1/DF del 2015).
Qualora, invece, l’attività di consulenza medico-legale sia prestata in maniera occasionale, i relativi onorari vanno qualificati come redditi diversi - ex articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR - poiché trattasi di compensi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente.
In questa ultima ipotesi, atteso l’esercizio non abituale, le operazioni restano escluse dal campo di applicazione dell’IVA per carenza del presupposto soggettivo previsto dall’art. 5 del DPR 633/1972.
Ne deriva che il medico dipendente, in rapporto esclusivo, dell’azienda sanitaria, qualora effettui solo in via occasionale prestazioni medico-legali, non è obbligato all’apertura della partita IVA né all’emissione di fattura elettronica.
Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate – richiamando l’orientamento della Cassazione (sent. n. 2297 del 27 marzo 1987) – ricorda come in sede di valutazione di merito sul presupposto dell’occasionalità della prestazione, l’iscrizione volontaria del professionista nell’albo dei consulenti tecnici può costituire indizio di abitualità.
La risoluzione dell'Agenzia delle Entrate
Fonte: ipsoa
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