Un nuovo algoritmo per la classificazione della BPCO indica l’ipratropio come terapia standard nei pazienti allo stadio clinico 1.
Il nuovo algoritmo per il management della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) si basa sulle caratteristiche cliniche del paziente per distinguere lo stadio clinico della patologia in modo più chiaro rispetto alla classificazione riportata nelle linee guida Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease del 2011.
Allo stadio 0 appartengono gli individui che in seguito ad esposizione a fumi tossici presentano una funzione polmonare normale e assenza di sintomi. A questo stadio è improbabile che sia necessario il trattamento con un broncodilatatore per via inalatoria, ma è importante attuare delle strategie per smettere di fumare, ridurre le esposizioni ambientali e prendere delle precauzioni professionali.
I pazienti allo stadio clinico 1 presentano sintomi intermittenti (dispnea intermittente o sibilo) e in questo caso può essere consigliato l’utilizzo un broncodilatatore per via inalatoria con una rapida insorgenza e breve durata di azione come i farmaci broncodilatatori beta agonista a breve durata d’azione (SABA), gli antagonisti muscarinici a breve durata d’azione (SAMA) oppure una combinazione di queste due tipologie di farmaci.
Allo stadio clinico 2 i pazienti presentano sintomi persistenti (dispnea quotidiana, respiro affannoso e bisogno di utilizzare un broncodilatatore a breve durata d’azione quasi ogni giorno) e necessitano di una terapia di mantenimento con un broncodilatatore a lunga durata d’azione con un antagonista muscarinico a lunga durata d’azione (LAMA) o un beta agonista a lunga durata d’azione (LABA) per via inalatoria.
I pazienti allo stadio clinico 3 (affetti da malattia non controllata) rimangono sintomatici e hanno frequenti riacutizzazioni nonostante il trattamento con una combinazione LAMA-LABA, di solito i pazienti sono stati affetti da asma in passato e presentano le caratteristiche cliniche di atopia ed eosinofili nell’espettorato. Questi pazienti potrebbero manifestare la sovrapposizione di asma e BPCO e pertanto beneficiare dell'aggiunta di corticosteroidi per via inalatoria o di inibitori dei leucotrieni alla terapia. In caso di bronchite con ipersecrezione di muco si rende necessaria la terapia mucolitica o l’applicazione di tecniche per liberare le vie respiratorie e la somministrazione di antibiotici in caso di tosse batterica persistente.
I pazienti allo stadio clinico 4 (malattia in fase terminale) presentano un parenchima polmonare gravemente danneggiato, anomalie negli scambi gassosi e sono a rischio di insorgenza di insufficienza respiratoria ipercapnica o di ipossiemia refrattaria. I pazienti affetti da enfisema predominante nei lobi superiori sono candidati alla chirurgia di riduzione del volume polmonare oppure in alternativa una riduzione del volume polmonare tramite broncoscopia oggetto di diversi studi clinici.
Riferimenti bibliografici:
Cooper CB, Barjaktarevic I. A new algorithm for the management of COPD. Lancet Respir Med. 2015 Apr;3(4):266-8.
Esame analizza 32 proteine ed è in grado di predire chi ha più probabilità di aver bisogno di cure o di morire per queste patologie
Lo rivela un ampio studio presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) a Vienna da Anne Vejen Hansen dell'Ospedale Universitario di Copenaghen
I pazienti che hanno ricevuto un trattamento diretto dallo pneumologo hanno avuto un minore utilizzo successivo dell'assistenza sanitaria per malattie respiratorie rispetto a quelli che hanno ricevuto cure abituali
Lo ha accertato uno studio internazionale in collaborazione fra l'Università francese Paris-Saclay, e quelle di Padova, Napoli Federico II e altri atenei stranieri
Esame analizza 32 proteine ed è in grado di predire chi ha più probabilità di aver bisogno di cure o di morire per queste patologie
Lo rivela un ampio studio presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) a Vienna da Anne Vejen Hansen dell'Ospedale Universitario di Copenaghen
I pazienti che hanno ricevuto un trattamento diretto dallo pneumologo hanno avuto un minore utilizzo successivo dell'assistenza sanitaria per malattie respiratorie rispetto a quelli che hanno ricevuto cure abituali
Lo ha accertato uno studio internazionale in collaborazione fra l'Università francese Paris-Saclay, e quelle di Padova, Napoli Federico II e altri atenei stranieri
Commenti