La condizione ideale per ogni donna che decide di diventare madre è quella di iniziare la gravidanza con una buona immunità.
Gli esami preconcezionali prevedono la verifica delle infezioni già contratte e servono a programmare le eventuali vaccinazioni per quelle da cui la donna non è immune. Quando, come più spesso accade, la donna arriva dal ginecologo con il gravindex già positivo le uniche misure preventive nei confronti delle infezioni sono quelle di “non esporsi al contagio”.
Evitare luoghi affollati e contatti con infezioni o animali presumibilmente infetti è sicuramente una misura preventiva di grande utilità. Certo è che per chi lavora, evitare luoghi pubblici, diventa difficile come pure l’allontanamento dalla scuola per tutta la gravidanza degli altri figli.
Per le donne che rimangono incinte in autunno la vaccinazione antiinfluenzale è fortemente consigliata. Non presenta controindicazioni in gravidanza, mentre contrarre l’influenza nelle prime settimane di gestazione aumenta l’incidenza di aborto spontaneo. I ripetuti colpi di tosse aumentano la pressione endo addominale e, come conseguenza, possono verificarsi piccoli distacchi dell’embrione dall’utero con conseguenze fatali per la gravidanza.
Anche l’alimentazione può essere veicolo di infezioni, e in gravidanza, la più temuta è la toxoplasmosi ovvero l’infezione trasmessa dal gatto. L’infezione se contratta in gravidanza è spesso asintomatica per la madre. Questo protozoo però può attraversare la placenta durante tutti i nove mesi di gravidanza e andare a localizzarsi nel cervello fetale.
Per fortuna esistono farmaci efficaci sia in utero che nell’immediato periodo neonatale e quindi la tempestività della diagnosi è fondamentale. Non disponendo del vaccino, la prevenzione è fondamentale. I nostri amici mici non devono essere allontanati da casa perché il contagio avviene solo per via alimentare da alimenti contaminati dalle feci del gatto.
Medici e ginecologi non devono mai stancarsi di ricordare alle donne in gravidanza di fare attenzione che verdura e frutta, in particolare i frutti di bosco che crescono a contatto con la terra, siano ben lavate magari con l’aggiunta di amuchina. Buona norma è evitare di mangiare questi alimenti fuori casa. Stesso discorso per carne, insaccati e prodotti di salumeria con l’eccezione di mortadella e prosciutto cotto: il trattamento con il vapore uccide il Toxoplasma Gondii.
L’introduzione dell’MPR, il vaccino trivalente per Morbillo, Parotite e Pertosse ha quasi azzerato queste infezioni. In Italia, fino al 1999, la vaccinazione per la Rosolia veniva effettuata solo sulle bambine verso i 12-13 anni: strategia insufficiente in quanto la circolazione del virus nei soggetti non vaccinati ha comportato una elevata persistenza del rischio di infezione.
Ora la vaccinazione viene eseguita nel secondo anno di vita con un richiamo entro i 5-6 anni. Il vaccino con due dosi ha un’efficacia prossima al 100% e l’immunità dura tutta la vita, è consigliato, inoltre, in tutte le donne in età fertile che risultano negative al Rub Test prima di intraprendere la ricerca di una gravidanza. Come per tutti i vaccini vivi attenuati, anche l’MPR non va somministrato in donne gravide o che desiderano esserlo nei mesi successivi. L’infezione è di solito benigna nei bambini ma molto pericolosa per il feto se contratta in gravidanza entro il IV mese. Il virus si diffonde per via transplacentare e può indurre aborto spontaneo, morte intrauterina o gravi malformazioni fetali note come Triade di Gregg: cataratta, cardiopatie e sordità per malformazione dell’organo del Corti. Dopo la 17° settimana induce solo un’infezione senza provocare malformazioni. Eseguire il Rub Test in occasione degli esami del sangue per l’assunzione della pillola contraccettiva o degli esami preconcezionali rappresenta la migliore modalità di prevenzione per la Sindrome da Rosolia congenita. Ma per arrivare al “Getting to Zero” bisognerà vaccinare tutti gli adolescenti e i giovani adulti non immuni. Una importante raccomandazione per la donna gravida non immune è astenersi dal contatto con bambini in età scolare almeno fino alla 20° settimana. Pertanto insegnanti ed educatrici devono astenersi dal lavoro.
È meglio prendere la malattia naturale o vaccinarsi?
Le vaccinazioni sono state introdotte per garantire una protezione nei confronti di alcune malattie infettive (immunità). La decisione di vaccinare si basa sul bilancio tra rischi e benefici. I rischi associati alla vaccinazione sono modesti (febbre, gonfiore in sede d’iniezione) e rari, mentre quelli associati all’infezione naturale sono gravi e frequenti.
I vaccini vengono monitorati in modo costante anche durante il loro utilizzo, risultando tra i farmaci più controllati, e i rischi, comunque modesti, legati all’uso delle vaccinazioni devono sempre essere confrontati con i loro benefici.
La vaccinazione, se effettuata in modo da ottenere una copertura vaccinale sufficientemente elevata, non solo protegge i singoli individui, ma impedisce la circolazione dell’agente patogeno quando l’infezione è sostenuta da un microrganismo che si trasmette da persona a persona.
Numerosi studi epidemiologici per diverse vaccinazioni dimostrano come una copertura vaccinale elevata produca un effetto superiore a quello dell’immunità indotta nei soli vaccinati. Questo effetto è particolarmente evidente per le strategie vaccinali dirette a specifici gruppi di età, durante le quali si registrano riduzioni dell’incidenza di malattia anche nei gruppi di età non inclusi nella vaccinazione.
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