Una ipertrofia del ventricolo sinistro con una presentazione clinica estremamente variabile può condurre a scompenso cardiaco a fibrillazione atriale (con rischio di ictus sistemico) e morte improvvisa.
La cardiomiopatia ipertrofica (Cuore d’atleta), rappresenta, insieme alla displasia aritmogena del ventricolo destro, la principale causa di morte improvvisa aritmica degli atleti. Diventa fondamentale distinguere questa entità, in particolare nella fase iniziale della patologia, quando il paziente atleta è asintomatico.
Negli Stati Uniti ci sono circa 600.000 pazienti affetti da CMI, 120.000 in Gran Bretagna e 100.000 in Italia.
Incidenza comunque sottostimata perché nella pratica clinica è sotto diagnosticata. Per fare diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica è necessario essere in presenza di un ventricolo sinistro ipertrofico, non dilatato, in assenza di una qualsiasi patologia cardiaca o sistemica in grado di causare quel grado di ipertrofia. La cardiomiopatia ipertrofica ha anche basi genetiche, è autosomica dominante causata da mutazioni di almeno 11 geni.
Il 70% dei pazienti presenta mutazioni in due geni. Ci sono poi i fattori ambientali (età, attività sportiva, fumo di sigarette, ecc.) che contribuiscono a creare un’ampia variabilità fenotipica. Il test genetico deve essere sempre associato alla consulenza genetica per la ricerca di manifestazioni extracardiache (dimorfismi, alterazioni neurologiche, funzionalità renale).
Il test genetico può:
1. Identificare una mutazione patogenetica.
2. Non riportare alcuna mutazione nei geni (eziologia non genetica).
3. Identificazione di una mutazione incerta.
Sembra verosimile come mutazioni doppie o triple possono essere associate a patologie ad insorgenza precoce o a maggior rischio di morte improvvisa. Un soggetto sano presintomatico ha un buon motivo per richiedere il test per il rischio di essere portatore della mutazione e sviluppare la malattia in seguito.
Il rischio di trasmettere la patologia alla prole. L’espressione fenotipica della malattia può essere apprezzabile come prima diagnosi in bambini anche in età inferiore ai 10 anni. Non esistono trattamenti in grado di prevenire o ritardare l’insorgenza di CMI pure in presenza di mutazione nota.
Si può consigliare la riduzione dell’attività fisica ma non è dimostrato che possa prevenire del tutto la morte improvvisa. È necessario un follow-up medico per giungere alla diagnosi precoce e alla valutazione dell’effettivo rischio di morte improvvisa. L’impianto di un defibrillatore è in grado di prevenire la morte improvvisa aritmica solo nei pazienti con CMI manifesta e ad alto rischio di morte improvvisa.
La clinica CMI (si tratta di pazienti asintomatici astenia ecc., nella sintomatologia moderata. Nella forma grave si va dalla dispnea notturna, ortopnea, aritmie, fibrillazione ecc., alla morte improvvisa. Nell’elettrocardiogramma in caso di CMI si constata ipertrofia ventricolare sinistra con segni di sovraccarico ventricolare sistolico, profonde onde T invertite.
Ci sono alterazioni comuni nell’ECG presenti in oltre l’80% dei casi di cuore d’atleta.
Bradicardia sinusale, blocco atrio ventricolare di I grado, QRS con incisura in v1 o ritardo intraventricolare destro parziale. Ripolarizzazione precoce. Alti voltaggi ventricolari del QRS come unico criterio di ipertrofia ventricolare sinistra. La mortalità per CMI è di circa 1% l’anno. In virtù degli interventi terapeutici oggi a disposizione, si può garantire una soddisfacente aspettativa di vita nonostante le complicazioni che possono essere estremamente gravi.
La morte improvvisa può essere il primo sintomo della CMI in soggetti asintomatici o paucisintomatici 5% nelle casistiche basate sui ricoveri ospedalieri. Fattori di rischio potenziali aggiuntivi sono: mutazioni sarcomeri che multiple, attività sportiva agonistica ecc.
A tale scopo, consigliare la sospensione dell’attività fisica agonistica rientra tra le procedure per ridurre il rischio di morte improvvisa aritmica, codificato in Italia dai protocolli della cardiologia dello sport (COCIS).
I farmaci non si sono dimostrati sufficienti nel prevenire la morte improvvisa.
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