Quando il medico di famiglia può rifiutarsi di eseguire una visita domiciliare? E quando può chiedere la parcella per questo tipo di visita?
Lo spiega chiaramente l’avvocato Eugenio Gargiulo di Foggia su Oggi.it: la disciplina del medico di medicina generale è affidata agli accordi collettivi nazionali, sottoscritti dalle rappresentanze sindacali dei medici e periodicamente aggiornati. Gli accordi attualmente in vigore sono stati stipulati nel 2005. Il medico di base ha l’obbligo effettuare almeno 5 ore settimanali di ambulatorio, se ha meno di 500 assistiti; almeno 10 ore settimanali se ne ha tra 500 e 1000; un minimo di 15 ore settimanali se ha più di 1000 pazienti. Gli orari di apertura e chiusura dello studio sono gestiti in autonomia dal medico, che ha tuttavia l’obbligo di affiggerli fuori dallo studio o comunque all’ingresso, in modo tale da renderli noti, e ogni variazione di orario dovrà essere comunicata all’Asl entro 30 giorni dall’avvenuta modifica. Le visite domiciliari a scopo diagnostico o terapeutico rientrano tra i compiti del medico di base. (art. 45, c. 2, lettera S, ACN del 23.03.2005 e successive modificazioni). Tuttavia, di norma, l’attività del medico si svolge presso il proprio studio. Per cui la visita domiciliare è un’eccezione la cui richiesta, secondo la legge, è legittima solo in caso di “non trasferibilità” dell’ammalato (art. 47, c.1, ACN). Ciò significa che, per ricevere il medico a casa, il paziente deve versare in uno stato di salute tale da non consentirgli di recarsi allo studio. La legge, tuttavia, non specifica ulteriormente il concetto di “non trasferibilità”: in quanto è un termine generico, esso presta il fianco alla “libera interpretazione” e all’analisi caso per caso, sulla base di fattori quali l’età e le condizioni generali di salute della persona.
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Fonte: oggi.it
"Chiediamo il sostegno del Presidente Mattarella, per richiamare la cittadinanza. Sarebbe paradossale che le organizzazioni sindacali dovessero trovarsi a ragionare su un possibile sciopero contro i cittadini nella veste di pazienti"
"Per molti presidenti di Regione i medici di medicina generale dovrebbero diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale". "Mancano 4500 medici e 10mila infermieri"
Rea (Simg Lazio): “Tra le principali esigenze, è fondamentale l’inserimento di personale infermieristico e amministrativo. Come le farmacie dei servizi ricevono investimenti anche la Medicina Generale può moltiplicare le sue funzioni”
Questo codice, attualmente in vigore, limita fortemente la possibilità di dar seguito a uno sciopero vero ed efficace, ostacolando di fatto qualsiasi iniziativa
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