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All’estero per lavorare meglio: i medici italiani scelgono il Regno Unito

Professione Redazione DottNet | 29/04/2013 13:12

Si lavora meglio e si guadagna di più. Con un po' di intraprendenza la scelta diventa quasi automatica, prendere bagagli e borsa del medico per proseguire il proprio percorso accademico e professionale all'estero. Secondo uno studio del Sindacato medici italiani (Smi) sui dati di Federspecializzandi, sono in aumento i giovani camici bianchi che, una volta conseguita l'agognata laurea, decidono di emigrare all'estero per specializzarsi.

Tra le mete preferite c'é proprio l'Inghilterra dove uno specializzando guadagna quasi il doppio di un collega italiano e dove da anni c'é una forte carenza di medici. "Sarebbe però assurdo pensare che si tratti solo di una questione economica - dice il presidente nazionale dello Smi, Giuseppe Del Barone - La qualità della vita e quella lavorativa in altri Paesi europei, come appunto il Regno Unito, sono decisamente superiori. L'Italia purtroppo non premia i giovani professionisti e anzi li mortifica con scelte assurde come quella di ridurre del 10% i posti di specializzazione". E' proprio di ieri la notizia che con il nuovo decreto del ministero dell'Università e ricerca per gli specializzandi di medicina, ci sarà un taglio di 500 che farà diminuire i posti da 5.000 a 4.500. "In questo modo - dice Del Barone - si spendono tanti soldi per preparare i medici e nel momento in cui potrebbero mettere le loro professionalità al servizio dei cittadini, questi sono costretti a farlo in un altro Paese. Il nostro sistema sanitario si impoverisce sempre di più a favore di quelli esteri che guadagnano medici già formati a costo zero. E il paradosso sarà che allo stesso tempo, per la nostra carenza di specialisti, saremo costretti a cercarne all'estero".

E contro i tagli la prima regione a scendere in piazza è la Campania, dove Federspecializzandi ha iniziato una raccolta firme tra studenti, neo-laureati e specializzandi e  con un sit-in per chiedere un incontro urgente con i vertici della Regione. Persi i 500 posti di specializzazione, 35 solo a Napoli tra Federico II e II Ateneo, restano da salvare le borse di studio regionali. "Con queste - dicono il presidente e il segretario di Federspecializzandi, Luca Buonaiuto e Gianni Antonio Della Corte - si possono almeno in parte compensare questi tagli.

Le regioni possono e devono fare di tutto per contrastare questo gap quanto meno confermando di anno in anno le borse. Speriamo nella loro sensibilità e che non ci saranno divisioni tra i sindacati". Proprio lo Smi sottolinea come questo taglio inciderà pesantemente. "La Conferenza Stato-Regioni - spiega il presidente nazionale dello Smi, Giuseppe Del Barone - ha stabilito che il territorio ha bisogno in media di circa 8.500 specialisti all'anno tra il 2012 e il 2014. Questo vuol dire che con questo taglio, fra 5 anni, in Italia ci sarà una carenza di 3.000, 3.500 medici specialisti. Nell'immediato - aggiunge Del Barone - il taglio si ripercuoterà sull'organizzazione dei reparti visto che gli specializzandi sono di fatto parte integrante dell'organizzazione di un policlinico universitario. Tutto questo è grave – dice il numero uno dello Smi - Diminuendo l'accesso alle specializzazioni e con il blocco del turn over aumentano i precari e i disoccupati, i giovani colleghi restano fermi e senza formazione per un anno, i medici anziani continuano a lavorare allo stremo delle forze e intanto aumenta la spesa sanitaria e diminuisce la qualità del servizio".". Ma esiste anche un altro problema, spiegano da Federspecializzandi. Quest'anno sono state attivate le scuole di specializzazione all'Università di Salerno in Chirurgia generale e Medicina interna che però saranno aggregate alla Federico II. Stesso discorso per la Radioterapia dell'Università di Bari. "Ciò vuol dire - spiegano - che per queste 3 scuole i concorrenti verranno anche dall'Università di Salerno e da quella di Bari rendendo ancora più difficile l'accesso ai posti di specializzazione".

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Fonte: Smi

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