Quando escono da un ospedale o da un Pronto soccorso dell'Emilia-Romagna, ma questo discorso vale per gran parte dell’Italia, i lavoratori, pubblici o privati che siano, hanno in tasca un foglio che talvolta quasi non serve e li 'condanna' ad un "circolo vizioso esasperante". Si tratta del certificato di dimissioni finito ora nel mirino del sindacato dei medici di base, la Fimmg dell'Emilia-Romagna. Con una lettera indirizzata ai direttori delle Ausl e delle aziende ospedaliero-universiarie dell'Emilia-Romagna, oltre che ai vertici regionali di Inps e Ordine dei medici, e per conoscenza anche a Carlo Lusenti, assessore alla Sanità di viale Aldo Moro, la Fimmg "intende rappresentare i forti disagi segnalati dai medici di medicina generale e dai cittadini lavoratori dipendenti" a causa "delle certificazioni cartacee rilasciate al momento di dimissione dalle Strutture ospedaliere di ricovero e di Pronto soccorso, in quanto incomplete ed insufficienti per giustificare l'assenza dal lavoro per malattia".
Succede infatti, spiega il segretario regionale Fimmg Renzo Le Pera, che "nella quali totalità" dei referti "o viene totalmente omessa la prognosi sia clinica che lavorativa, o viene impropriamente certificata una prognosi clinica, quantificata in un determinato numero di giorni in rapporto alla diagnosi formulata, e una prognosi lavorativa pari a zero con invito agli interessati a rivolgersi al medico di famiglia, a cui toccherebbe secondo quando riferito, il completamento della prognosi lavorativa". In pratica, al lavoratore viene prescritto di curarsi, ma non di stare a casa assegnando al medico di base il compito di giustificare l'impossibilità di andare al lavoro. Una volta usciti da ospedali e Ps, dunque, sottolinea Le Pera, "di fatto si attiva un circolo vizioso esasperante che mette in gioco il rapporto fiduciario fra medico e cittadino in caso di rifiuto da parte del medico".
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