In Italia si registra un preoccupante aumento di pazienti con malattia renale in fase avanzata-terminale. Un fenomeno che rende urgente la definizione delle strategia terapeutiche più opportune, per assicurare il malato contro due possibili errori: quello di interventi eccessivamente aggressivi o, all'opposto, quello della trascuratezza-abbandono terapeutico. Riflettere su questo tema è lo scopo del seminario "Dialisi sempre? Aspetti medici ed etici dell'indicazione all'emodialisi", in programma in questi giorni al Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Secondo gli esperti è fondamentale individuare criteri etico-clinici quanto più possibile condivisi dalla comunità scientifica in grado di orientare l'approccio terapeutico-assistenziale nei singoli pazienti. E per questo, nel corso del seminario promosso dal Servizio di Emodialisi del Gemelli e dall'Istituto di Bioetica dell'Università Cattolica di Roma, verrà presentata una proposta di linee-guida che punta a individuare in quali pazienti la gravosità complessiva del trattamento dialitico sarebbe superiori ai benefici attesi e, in questo modo, indirizzare il processo decisionale soprattutto nei casi in cui questo si presenti particolarmente complesso dal punto di vista clinico ed etico.
"La proposta di linee-guida - spiega il bioeticista della Cattolica Antonio Spagnolo - non ha certamente la pretesa di costituire una soluzione definitiva alla complessa problematica del non inizio o sospensione della dialisi. Costituisce, piuttosto, una proposta preliminare, che si intende sottoporre al contributo della comunità scientifica" per incrementare indicazioni sempre più condivise. Attualmente si stima che nel mondo vi siano circa 2 milioni di pazienti con insufficienza renale cronica sottoposti a trattamento dialitico.
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E' una malattia renale autoimmune che compromette la funzione del rene: circa un terzo dei pazienti con nefropatia membranosa progredisce verso la fase terminale
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