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Dialisi etica e appropriata, linee guida da esperti cattolica

Nefrologia | 19/05/2010 13:03

In Italia si registra un preoccupante aumento di pazienti con malattia renale in fase avanzata-terminale. Un fenomeno che rende urgente la definizione delle strategia terapeutiche più opportune, per assicurare il malato contro due possibili errori: quello di interventi eccessivamente aggressivi o, all'opposto, quello della trascuratezza-abbandono terapeutico. Riflettere su questo tema è lo scopo del seminario "Dialisi sempre? Aspetti medici ed etici dell'indicazione all'emodialisi", in programma in questi giorni al Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
Secondo gli esperti è fondamentale individuare criteri etico-clinici quanto più possibile condivisi dalla comunità scientifica in grado di orientare l'approccio terapeutico-assistenziale nei singoli pazienti. E per questo, nel corso del seminario promosso dal Servizio di Emodialisi del Gemelli e dall'Istituto di Bioetica dell'Università Cattolica di Roma, verrà presentata una proposta di linee-guida che punta a individuare in quali pazienti la gravosità complessiva del trattamento dialitico sarebbe superiori ai benefici attesi e, in questo modo, indirizzare il processo decisionale soprattutto nei casi in cui questo si presenti particolarmente complesso dal punto di vista clinico ed etico.

"La proposta di linee-guida - spiega il bioeticista della Cattolica Antonio Spagnolo - non ha certamente la pretesa di costituire una soluzione definitiva alla complessa problematica del non inizio o sospensione della dialisi. Costituisce, piuttosto, una proposta preliminare, che si intende sottoporre al contributo della comunità scientifica" per incrementare indicazioni sempre più condivise. Attualmente si stima che nel mondo vi siano circa 2 milioni di pazienti con insufficienza renale cronica sottoposti a trattamento dialitico.

Secondo un censimento della Società Italiana di Nefrologia, in Italia sono trattati circa 44.000 pazienti (170 nuovi pazienti per milione di abitanti ogni anno). ''In questi ultimi anni - spiega la specialista del Gemelli Giovanna Luciani - si è assistito in tutto il mondo a un progressivo aumento dell'età di inizio del trattamento dialitico, spostando gradualmente l'età dei pazienti prevalenti in dialisi intorno ai 70 anni. Inoltre, sempre più spesso sono in dialisi i pazienti sopra gli 80 anni.
Questo ha comportato che all'insufficienza renale si associano (o ne sono la causa) patologie molto gravi come cardiopatia ischemica, diabete, ipertensione".
"Ci troviamo quindi sempre più di fronte a un paziente fragile. D'altro canto - dice la Luciani - la tecnologia avanzata di cui disponiamo raramente rende inattuabile un trattamento dialitico: di qui la necessità di una scelta clinica che valuti il paziente nella sua complessità''. Occorre dunque valutare, conclude Spagnolo, "i pro e i contro di un trattamento cronico, prima di cominciare la dialisi, o decidere se continuarla, così come deve essere valutata la proporzionalità terapeutica di qualunque trattamento medico. Decisioni di questo tipo, che riguardano il problema del limite nella medicina tecnologica, non possono, però, gravare solo sul medico: è necessario che siano condivise con il paziente e con la famiglia affinché siano chiare le ragioni che le sottendono".
Fonte: Adnkronos
 

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