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Pediatria: centomila all’anno i bambini maltrattati in pronto soccorso

Pediatria | 24/11/2009 10:15

 Su circa 5 milioni di accessi pediatrici al pronto soccorso ogni anno, il 2 per cento riguarda bambini vittime di maltrattamenti (considerando anche le forme meno gravi, come la trascuratezza). Il dato emerge da uno studio prospettico dell' Istituto Superiore di Sanità. A questi casi si devono aggiungere quelli che per le loro caratteristiche (pensiamo al maltrattamento psicologico) non è detto che arrivino in pronto soccorso.

Di fronte a questo fenomeno estesissimo, il riconoscimento precoce rappresenta uno degli aspetti più importanti. «Gli episodi di maltrattamento infantile non sono quasi mai isolati, ma si ripetono nel tempo, - sottolinea Pasquale Di Pietro, presidente della Società italiana di pediatria - per cui è importantissimo togliere prima possibile il bambino da una situazione che ha generalmente gravissime conseguenze sul suo sviluppo psico-fisico». Se pediatri e insegnati sono le "sentinelle" più adatte ad intercettare possibili casi di maltrattamento, la sensibilizzazione al problema deve riguardare tutti. L' importante sarebbe che ciascuno, in base al proprio ruolo, fosse informato sui percorsi ottimali da seguire per confermare o dissolvere il sospetto. «Operazione non sempre facile anche per un pediatra, - sottolinea Pietro Ferrara, coordinatore del Gruppo di studio sul maltrattamento, della Società italiana di pediatria - perché oggi non esiste una normativa unica in proposito e in ogni realtà si adottano percorsi differenti più o meno regolamentati e pubblicizzati. Di fronte a situazioni evidenti, come una lesione ritenuta non accidentale, la strada da seguire per il medico è ovviamente quella del referto da trasmettere all' autorità giudiziaria. Molto più difficile è decidere come comportarsi quando si ha la sensazione che il bambino viva una situazione di maltrattamento senza avere, però, riscontri clinici oggettivi».

Nelle scuole, il primo interlocutore, sono, generalmente, i servizi sociali. «Con loro - dice Mario Menziani, docente di scuola media a Modena - si procede ad attente verifiche, anche perché, accanto a casi reali, possono verificarsi situazioni di simulazione. Riferire di maltrattamenti inesistenti è, comunque, un segno di disagio da parte del bambino, da tenere in considerazione». Ma c' è spesso il timore - vale per l' insegnante, per il medico, come per il "vicino di casa" - che la segnalazione di un caso sospetto possa implicare interventi sommari da parte delle istituzioni nei confronti della famiglia. Patrizia Carosi, primo dirigente della Polizia di Stato alla Questura di Ascoli Piceno, che si occupa di minori, rassicura: «Gli accertamenti dell' autorità giudiziaria sono svolti con la massima discrezione da personale appositamente formato, in stretta sinergia con la scuola, i pediatri, i servizi sociali e consultoriali». « Un aspetto emergente - aggiunge Silvano Bertelloni, presidente della Società italiana di medicina dell' adolescenza - è quello degli abusi a danno di bambini stranieri e nomadi. Gli ultimi dati, su abusi sessuali, sono della direzione centrale della Polizia anticrimine: le denunce sono passate dal 5,4% del 1999 al 13% del 2005». «Solo attraverso una rete interdisciplinare - conclude Patrizia Carosi - potremo creare quel clima di fiducia e collaborazione che ci consentirà sempre più di arrivare dove serve, in aiuto dei minori, prima possibile».


Fonte: IL Corriere della Sera

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