Molecola agisce sulla neuroinfiammazione e rallenta la progressione della patologia. In Italia 50mila pazienti
La demenza frontotemporale, la malattia che ha colpito l'attore Bruce Willis, è una patologia neurodegenerativa ancora poco conosciuta con la quale si trovano a convivere circa 50.000 persone solo in Italia. Chi ne soffre vede peggiorare nel tempo le proprie capacità cognitive, il linguaggio e il comportamento, rendendo estremamente difficile la vita quotidiana sia per i pazienti che per le loro famiglie. Ora, però, una nuova ricerca condotta presso la Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma offre una speranza: uno studio ha dimostrato che un trattamento a base di un composto capace di agire sul sistema endocannabinoide e sulla neuroinfiammazione potrebbe rallentare la progressione della malattia.
La demenza frontotemporale è diversa dall'Alzheimer: colpisce soprattutto persone tra i 45 e i 65 anni, e i primi sintomi non sono legati alla memoria, ma a profondi cambiamenti nel comportamento e nella capacità di comunicare. I pazienti possono diventare apatici, aggressivi o perdere il controllo sulle proprie emozioni. Per i familiari e i caregiver, assistere una persona con questa malattia è una sfida enorme: spesso si trovano soli a dover gestire situazioni imprevedibili, senza cure specifiche a disposizione.
Negli ultimi anni, la nuova molecola chiamata co-ultraPEAlut, una formulazione della Palmitoiletanolamide (PEA) combinata con l'antiossidante flavonoide luteolina (Lut) e sottoposta a un processo di ultramicronizzazione, è emersa come possibile terapia per i disturbi neurodegenerativi legati alla demenza frontotemporale. Questa combinazione, agendo sul sistema endocannabinoide, esercita proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive, che potrebbero aiutare a contrastare la progressione della malattia. Uno studio pilota condotto nel 2020 aveva già evidenziato benefici sulla funzione cognitiva nei pazienti trattati con co-ultraPEAlut per un mese. Ora, il nuovo studio clinico ha confermato che il trattamento per 24 settimane può rallentare il deterioramento cognitivo e funzionale, migliorando anche l'autonomia nelle attività quotidiane.
"I risultati dimostrano che il trattamento con co-ultraPEAlut ha rallentato il peggioramento dei sintomi nei pazienti con demenza frontotemporale - spiega Koch -. Abbiamo visto che chi ha assunto la terapia ha mantenuto più a lungo la capacità di svolgere attività quotidiane e ha avuto un minore deterioramento del linguaggio". Silvana Morson, presidente dell'Aimft (Associazione Italiana Malattia Frontotemporale), sottolinea l'importanza di questi risultati: "Per le famiglie che convivono con questa malattia, ogni speranza è preziosa. Sapere che la ricerca sta facendo passi avanti è un sollievo e ci spinge a continuare a lottare per ottenere maggiori attenzioni e risorse per i pazienti." "Questi risultati sono incoraggianti - conclude Koch - ma servono ulteriori studi per confermare l'efficacia del trattamento e renderlo disponibile su larga scala". La demenza frontotemporale colpisce circa 50.000 persone in Italia e oltre 350.000 nel mondo. È la prima causa di demenza nei soggetti sotto i 65 anni. Non esistono cure efficaci, solo terapie per gestire i sintomi. I primi sintomi sono cambiamenti nel comportamento e difficoltà nel linguaggio. La malattia, che fino a pochi anni fa era poco conosciuta, è salita alla ribalta con la diagnosi di Bruce Willis.
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