Canali Minisiti ECM

Contro la Demenza frontotemporale (Ftd) la speranza arriva da una molecola che combatte la neuroinfiammazione

Neurologia Redazione DottNet | 19/04/2023 16:00

Lo evidenzia uno studio presentato al 25/mo Congresso dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria (Aip) curato da Giacomo Koch, neurologo professore ordinario di fisiologia all'università di Ferrara

Contro la Demenza frontotemporale (Ftd), patologia che affligge anche l'attore americano Bruce Willis, una speranza arriva da una molecola che combatte la neuroinfiammazione (pealut). Lo evidenzia uno studio presentato al 25/mo Congresso dell'Associazione Italiana di Psicogeriatria (Aip) curato da Giacomo Koch, neurologo professore ordinario di fisiologia all'università di Ferrara e direttore del Laboratorio di Neuropsicofisiologia sperimentale della Fondazione Santa Lucia.     La demenza frontotemporale è una patologia neurodegenerativa che interessa primariamente i lobi frontali e/o temporali del cervello e rappresenta la causa più frequente di demenza neurodegenerativa ad esordio presenile. È una malattia eterogenea caratterizzata da compromissione delle funzioni esecutive frontali, deficit del linguaggio o cambiamenti del comportamento e della personalità ed un grave declino del funzionamento globale.

"Attualmente, non esiste un trattamento farmacologico efficace specifico per rallentare la progressione della malattia e le strategie terapeutiche si basano principalmente sull'uso di agenti sintomatici per controllare i sintomi comportamentali. Recenti scoperte supportano l'idea che la neuroinfiammazione sia un elemento chiave nel processo patogenetico della Ftd a partire dalle prime fasi di malattia ed è stato ipotizzato che nuovi farmaci mirati a modulare la neuroinfiammazione cerebrale possano potenzialmente rallentare la progressione della malattia", sottolinea Koch.

Lo studio, controllato contro placebo, ha riguardato un campione di 50 pazienti affetti da Demenza Frontotemporale per valutare la sicurezza e l'efficacia della somministrazione di co-ultraPealut. E' stato indagato "l'impatto clinico della molecola Pea sulla gravità della malattia e gli eventuali effetti benefici sui deficit cognitivi, sui sintomi comportamentali, sulle autonomie della vita quotidiana ed il rallentamento della progressione del declino funzionale - ha spiegato l'esperto - Inoltre, con un approccio multimodale (cognitivo e neurofisiologico) sono stati indagati i correlati cerebrali associati al trattamento con Pea-lut, facendo così notevoli passi avanti nella comprensione della fisiopatologia della malattia".     Lo studio ha avuto lo scopo di verificare su un ampio campione di pazienti se la formulazione della Palmitoiltanolamide (Pea) e l'antiossidante flavonoide luteolina (Lut) sottoposta a un processo di ultramicronizzazione possa rappresentare una potenziale molecola terapeutica nei disturbi neurodegenerativi correlati a Ftd, per le sue documentate proprietà antinfiammatorie e neuroprotettive. "I dati clinici e neurofisologici fino ad oggi raccolti sono molto incoraggianti - ha detto Koch - In un altro recente studio pilota del nostro gruppo pubblicato nel 2020 abbiamo indagato gli effetti cognitivi, comportamentali e neurofisiologici di un mese di somministrazione di coultrapea-lut alla dose orale di 700 mg due volte al giorno in un campione di 17 pazienti con Ftd.     Dall'analisi dei risultati è emerso che la co-ultrapealut è stata in grado di migliorare le funzioni esecutive frontali e i disturbi neuropsichiatrici".

Commenti

I Correlati

L'ospedale Santa Croce di Fano ha effettuato con successo l'impianto di un dispositivo per l'infusione sottocutanea continua di Levodopa in due pazienti affetti dalla patologia

La fase Rem carente riduce il volume di un'area del cervello

Marseglia: “Rilevare la minaccia della patologia (ancora senza sintomi) è l’unica via per evitare inaspettate e gravi crisi di chetoacidosi e frenarne l'evoluzione”

A rischio il settore dei farmaci generici-equivalenti e biosimilari

Ti potrebbero interessare

Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata

Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori

Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione

All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti

Ultime News

Più letti