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Passi avanti contro le malattie rare del sangue

Ematologia Redazione DottNet | 13/12/2022 10:34

Un primo studio riguarda l'aplasia midollare non severa, o anemia aplastica

Passi avanti contro le malattie rare del sangue, come l'anemia aplastica, e contro complicanze rare come il mancato attecchimento del trapianto di cellule staminali per alcuni tipi di tumori ematologici. Nuovi risultati sono stati infatti presentati al Congresso della Società americana di ematologia (Ash) e vedono la partecipazione di Atenei italiani come la Cattolica e l'Università di Milano.  Un primo studio, spiega all'ANSA Simona Sica, professore di ematologia all'Uuniversità Cattolica e direttore dell'Unità operativa complessa di ematologia e trapianto del Policlinico Gemelli di Roma, "riguarda l'aplasia midollare non severa, o anemia aplastica.  Si tratta di una patologia del midollo osseo con base autoimmune caratterizzata dalla incapacità del midollo a produrre un numero sufficiente di cellule del sangue.

E' una malattia rara e la casistica riportata in questo studio è quella più grande mai riportata con 238 pazienti in vari Paesi". Lo studio multicentrico internazionale è coordinato dall'Università di Milano e vede la partecipazione del Policlinico Gemelli: "Abbiamo dimostrato - chiarisce Sica - che utilizzando la molecola ciclosforina A, che è un farmaco immunosoppressore, associata ad un altro farmaco, eltrombopag, si arriva ad un miglioramento clinico importante con una riduzione del numero di trasfusioni di sangue necessarie a questi pazienti ed il ripristino della funzione midollare con impatto positivo sulla sopravvivenza".
Un avanzamento importante è stato presentato anche rispetto alle complicanze rare da trapianto: "Un altro studio multicentrico internazionale promosso dalla Società europea per i trapianti, di cui il Gemelli fa parte - spiega ancora l'ematologa - ha evidenziato che il mancato attecchimento di un primo trapianto in pazienti con leucemia acuta in remissione può essere superato positivamente. Sono stati raccolti 243 pazienti che avevano in comune il fatto che non vi era stato un attecchimento delle cellule dopo il primo trapianto di staminali. Lo studio dimostra che è possibile recuperare circa un terzo di questi pazienti con un secondo trapianto salvavita, che si dimostra dunque possibile". Il dato "importante dimostrato - conclude Sica - è che questi pazienti si possono ritrapiantare, con lo stesso o con un donatore diverso, avendo così un'altra chance di recupero".

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