Canali Minisiti ECM

Cefalea a grappolo e rischio suicidio, legame pericoloso

Neurologia Redazione DottNet | 01/05/2021 11:39

Nei pazienti colpiti l'ideazione suicidaria nel corso della vita è del 47% rispetto a una media del 26,7%, mentre il rischio di suicidio si attesta al 38% rispetto al 18,5%

La cefalea a grappolo è stata collegata al suicidio sin dalle sue prime descrizioni da parte del neurologo americano Bayard Taylor Horton. È detta infatti anche cefalea del suicidio, per la estrema violenza delle crisi di dolore che la caratterizzano e che si concentrano nella zona retro orbitale risultando spesso insopportabili. Ci sono stati finora però relativamente pochi dati empirici che mostrassero l'associazione tra ideazione del suicidio e questo tipo di cefalea, specialmente nel contesto di altri fenomeni psicologici, come la depressione e la demoralizzazione. Un nuovo studio guidato dalla Yale University School of Medicine e pubblicato su The Journal of Headache and Pain, rivista della Federazione Europea delle Cefalee, prova a colmare questo gap.

Prendendo in esame un centinaio di persone con cefalea a grappolo e altri 135 partecipanti nel gruppo di controllo, comparabili per età, sesso, reddito e stato civile, gli studiosi hanno potuto verificare che l'ideazione suicidaria nel corso della vita e l'alto rischio di suicidio sono prevalenti nei pazienti con cefalea a grappolo e la loro probabilità dipende dalla presenza di demoralizzazione. Dalla ricerca emerge infatti che nelle persone con cefalea a grappolo rispetto al gruppo di controllo l'ideazione suicidaria nel corso della vita è del 47% rispetto a una media del 26,7%, mentre il rischio di suicidio si attesta al 38% rispetto al 18,5%. Le probabilità di ideazione suicidaria nel corso della vita sono più alte anche tenendo conto di altri fattori in entrambi i gruppi come depressione e demoralizzazione. E proprio quest'ultima è associata poi specificamente all'ideazione del suicidio nei pazienti con cefalea a grappolo. Per gli esperti è importante proporre la terapia giusta per 'silenziare' gli attacchi di dolore. Lo stato di demoralizzazione - sottolineano gli esperti - va monitorato al fine di ridurre queste ideazioni e proporre una terapia adeguata che faccia rientrare nel silenzio clinico queste micidiali crisi di dolore.

Commenti

I Correlati

L’emicrania è la prima causa di invalidità tra le giovani donne e fonte di enormi costi per il SSN. Oggi le nuove terapie, come gli anticorpi monoclonali, hanno dimostrato efficacia

Lo zonisamide è di norma impiegato nel trattamento delle crisi epilettiche ma recenti evidenze sembrano dimostrare l’efficacia nel ridurre i giorni di mal di testa nella popolazione pediatrica

Se ne è parlato durante l’evento nazionale “Emicrania: Una storia di tempo ritrovato” promosso da AbbVie, con la partecipazione di clinici, associazioni dei pazienti ed esperti

Trama: "Progetto biennale si completerà entro il 31 dicembre 2025"

Ti potrebbero interessare

Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata

Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori

Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione

All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti

Ultime News

Più letti