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Alzheimer, un'app con memoria virtuale aiuta i malati

Neurologia Redazione DottNet | 11/09/2018 18:01

Da Chat Yourself un supporto per chi affronta le prime fasi della malattia

Arriva una 'memoria di riserva' a portata di smartphone che, all'occorrenza, aiuta a ricordare nomi, volti, scadenze. Un'intelligenza artificiale che diventa cioè amica fino a fornire indicazioni, rispondendo ad una richiesta di aiuto, su quale strada prendere per ritornare a casa. Per i malati di Alzheimer allo stato iniziale è questo l'aiuto concreto che arriverà da Chat Yourself, l'assistente virtuale disponibile su Facebook e in grado di memorizzare tutte le informazioni relative alla vita di una persona, restituendole su richiesta dell'utente insieme pure a notifiche personalizzate come quelle, ad esempio, per ricordare di prendere i medicinali

. Il sistema - nato da un'idea di Y&R con il supporto di Nextopera e di Facebook e perfezionato grazie ad un team di geriatri, neurologi e psicologi - è stato presentato oggi al ministero della Salute.

E' gratuito ed accessibile a tutti sulla pagina Fb @chatyourselfitalia. Al momento, contro l'Alzheimer, malattia neurodegenerativa che comporta un lento decadimento delle funzioni cognitive - un 'mostro silenzioso' che in Italia colpisce 600mila persone, ma saranno 2 milioni nel 2030 - non esiste una cura efficace: oggi la lotta per aiutare i malati a riconquistare la propria quotidianità ed indipendenza, almeno nella fase iniziale della malattia, passa dunque anche dall'uso virtuoso di tecnologie e social.

In attesa di "cure efficaci, ricordando come siano varie le multinazionali che hanno abbandonato questo ambito di Ricerca per gli alti costi e dopo i fallimenti delle ultime sperimentazioni, una strada percorribile nelle prime fasi dopo la diagnosi - afferma Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva, la Rete nazionale di ricerca sull'invecchiamento e la longevità attiva del Ministero della Salute - è proprio quella di sfruttare le risorse della tecnologia per contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all'impegno delle famiglie un aiuto concreto a ricordare". Infatti, sottolinea la presidente di AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) Patrizia Spadin, "la famiglia ha bisogno di essere appoggiata ed i social possono essere degli straordinari alleati perché consentono di vivere la malattia in una dimensione collettiva e partecipata".

Quanto alle prospettive future, la ricerca potrà fare la differenza: "Evidenze scientifiche ci dicono che l'attacco ai neuroni inizia almeno 15-20 anni prima della comparsa dei tipici disturbi della memoria - spiega Paolo Maria Rossini, Direttore Area Neuroscienze, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS-Università Cattolica di Roma - e il limite dei trattamenti sin qui tentati è stato proprio quello di essere somministrati in presenza di una sintomatologia già conclamata. Per questo, gli sforzi della ricerca sono sempre più tesi a individuare le caratteristiche precocissime e spesso visibili solo con l'ausilio di esami strumentali, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici".

Da qui il progetto Interceptor, appena avviato con il finanziamento dell'Agenzia italiana del farmaco e del ministero: "In Italia ci sono 735mila soggetti con fattori di rischio per la demenza e la metà svilupperà l'Alzheimer. I soggetti a rischio saranno seguiti per 3 anni in 20 centri e l'obiettivo - spiega Rossini - è capire, con la misurazione di sette biomarcatori, come evolve la demenza e anche inserire i soggetti in sperimentazioni cliniche mirate".

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