Un gruppo di ricercatori del CPS Research, Glasgow, UK, ha suggerito un possibile nesso tra scarsa qualità del sonno e declino cognitivo.
Recentemente è stata condotta una ricerca su pazienti affetti da morbo di Alzheimer, in questi, i livelli di melatonina endogena sono risultati inferiori alla media e si è ipotizzato se la somministrazione dell'ormone sia utile nel trattamento dei sintomi causati dalla malattia.
Durante lo studio randomizzato, in doppio cieco, i pazienti sono stati trattati per 26 settimane con melatonina a rilascio prolungato 2 mg, ed un altro gruppo con placebo; ai fini della sperimentazione è stato chiesto ai pazienti di compilare un diario del sonno ed è stato misurato il profilo di sicurezza.
Dai dati è emerso che i pazienti trattati con melatonina a rilascio prolungato hanno avuto prestazioni cognitive significativamente migliori, rispetto a quelli trattati con placebo; in più il farmaco è stato ben tollerato, con un profilo di eventi avversi simile a quello del placebo.
Quindi la melatonina 2 mg, in aggiunta alla terapia per il morbo di Alzheimer, ha effetti positivi sul funzionamento cognitivo e mantenimento del sonno, rispetto a coloro che non lo hanno assunto.
Se l’argomento ti interessa leggi l’articolo intitolato: Add-on prolonged-release melatonin for cognitive function and sleep in mild to moderate Alzheimer’s disease: a 6-month, randomized, placebo-controlled, multicenter trial
Articolo sponsorizzato da Fidia Farmaceutici
Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata
Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori
Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione
All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti
Scoperti nuovi fattori di rischio: il colesterolo "cattivo" nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata
Perdita di autonomia, stigma sociale e peso economico i principali timori
Il lavoro, che accoglie le prime evidenze dello studio Nemesis è stato pubblicato su Nature Communications e illustra la generazione e i meccanismi neuronali delle alterazioni, suggerendo nuove vie di riabilitazione
All’A.O.U. Luigi Vanvitelli una nuova tecnologia cambierà la vita di migliaia di pazienti
Commenti