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Per il Ministero sono 175 gli ospedali da chiudere. I no delle Regioni

Sanità pubblica Silvio Campione | 09/12/2013 20:47

Sono 175 i piccoli ospedali che il Ministero della Salute ha individuato come “monumenti allo spreco”. E sono oltre un miliardo e mezzo le risorse perse a causa della corruzione che impera nella sanità nel triennio 2010-2012. Denaro che basterebbe non solo a salvare gran parte dei presidi ritenuti inutili, ma anche a costruire altri ospedali ben attrezzati e in grado di risolvere le carenze di alcune aree italiane.

Certo ad osservare i numeri, il taglio sembrerebbe giustificato: esistono strutture con 15-20 posti letto utilizzati anche meno di 3 giorni su 10 con sette, otto tra medici e infermieri che si occupano del posto letto. Insomma, secondo il ministro Lorenzin è uno spreco che va eliminato senza mezzi termini. Secondo il Dicastero si tratta in realtà di 222 mini-nosocomi con meno di 120 posti letto, ma occorre escludere i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, che in realtà ospedali non sono; gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, perché fanno ricerca; i centri per “post acuti”, che servono per chi dopo un ricovero non è in grado di tornare a casa ma ha bisogno di cure meno intensive. E così si arriva alla soglia dei 175 piccoli ospedali che offrono circa 12 mila posti letto, tra i quali figurano anche alcuni che lavorano in zone disagiate come isole o montagne. Il ministero ha addirittura calcolato che sarebbe senz'altro più economico e sicuro mettere un servizio di soccorso in eliporto che tenere su un intero ospedale. Vediamo però qualche esempio, come riporta La Stampa: l’ospedale di Acquapendente, con i suoi 8 posti letto e con 130 tra medici e infermieri fino al 2010, l’Ospedale di Leno, provincia di Brescia, 16 letti e 68 dipendenti sempre nel 2010 sono i casi più significativi. La parte del leone la fa comunque la Sicilia, con 37 mini-ospedali, con la Lombardia che la segue a ruota con 31, mentre più distaccate sono la Campania, con 19, il Lazio con 16 e la Sardegna con 14. meglio la situazione in Veneto e Piemonte, dove resistono 4-5 ospedali. L'elenco dei piccoli ospedali da chiudere sembra superato dai fatti, ma in attesa un documento ufficiale, nessuno si sbilancia. Reagiscono così le Regioni alla notizia dell'addio ai piccoli ospedali:  "Come assessori siamo in attesa di metterci seduti con il ministero e affrontare punto per punto la questione perché in questi anni le notizie sono state molte e diversificate", spiega l'assessore alla Sanità della Regione Toscana Luigi Marroni. Quel che è certo è che in Toscana, dove sarebbero 12 le strutture a rischio, già da tempo si stanno ridefinendo le missioni dei piccoli ospedali, sempre più orientati verso i presidi di prossimità non specializzati. "Quando si parla di chiudere piccoli ospedali, si parla di realtà molto diversificate tra loro quanto a territorio e utilità. Noi ne abbiamo chiusi 45 ben 20 anni fa, quelli rimasti svolgono una funzione specifica, ad esempio per dialisi e day hospital oncologici, e che stiamo migliorando", spiega Marroni. Questo "percorso virtuoso è già a buon punto - prosegue - per 14 piccoli ospedali ormai son stati deliberati Patti Territoriali, su 4 stiamo siamo in dirittura d'arrivo. Ora le strutture più piccole spesso sono inglobate a ospedali maggiori e lavorano come sede distaccata". Gli fa eco il Presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi. "Non ci sarà nessuna chiusura. La rete ospedaliera abruzzese è adeguata e ristrutturata. Abbiamo i conti in equilibrio e 3,5 posti letto ogni mille abitanti, sotto lo standard nazionale dei 3,7.

Se l'ipotesi dovesse concretizzarsi - aggiunge - faremo un'opposizione fortissima". Stessa fermezza per quanto riguarda la Sardegna, dove "nessun ospedale sarà chiuso", secondo l'assessore alla Sanità, Simona De Francisci che aggiunge "siamo una Regione a statuto speciale, "Roma non può imporci una linea". Mentre il presidente della Campania Stefano Caldoro, Commissario ad acta per la Sanità, sottolinea che "è sbagliato parlare di chiusure, si tratta di riconversioni. In molti casi, da noi, sono già iniziate" e nella direzione prevista: riabilitazione, lungodegenza e assistenza ai cronici. Molto rumore per nulla? Forse sì, o comunque l'impatto sarà minore del previsto. Anche in Liguria,l'unico ospedale a rischio è l'Evangelico di Genova, ma, per l'assessore Claudio Montaldo, "ha superato l'esame e ora conta più dei 120 posti letto". "Ci stiamo già lavorando", fa sapere Lucia Borsellino l'assessore della Regione Sicilia, dove quelli a rischio chiusura sarebbero ben 37. "Il progetto di rimodulazione della rete è in corso e tiene conto dei parametri previsti. L'obiettivo - conclude - sarà perseguito anche attraverso il modello degli ospedali riuniti e la distribuzione delle discipline". 

Già, ma come si concilia questo discorso con la corruzione che dilaga, in particolare nella sanità? Basti pensare che lo scorso anno il 5,6% delle risorse europee investite nel settore sanitario è andato perso in illegalità e tangenti, secondo le stime della Rete europea contro le frodi che ha indagato nel comparto sanitario italiano. Tra il 2010 e il 2012 sono stati accertati dalle Fiamme Gialle reati per oltre 1,5 miliardi di euro. Per arginare un fenomeno che sottrae importanti risorse alla salute degli italiani, nei giorni scorsi sono scese in campo le associazioni Libera e Gruppo Abele che hanno lanciato una campagna per una sanità libera dalla corruzione “Salute: obiettivo 100%”. Un'iniziativa lodevole se si pensa che nel 2012 i risarcimenti, in base alle cifre diffuse dalla Corte dei Conti, i risarcimenti per le sentenze relative alla corruzione hanno raggiunto l'importo di circa 45milioni. Adesso Libera e Gruppo Abele chiedono alle 237 Aziende sanitarie presenti sul suolo nazionale di adeguarsi a quanto previsto dalla legge 190/2012 in materia di trasparenza e contrasto alla corruzione.   

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Fonte: ministero della Salute

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