Sarà Claudio Cottarelli l’uomo indicato da Enrico Letta per il suo secondo mandato alla presidenza del Consiglio a decidere sui tagli. E, come è prevedibile, si partirà dagli stipendi dei dipendenti pubblici e quindi della sanità, ancora una volta nel mirino della spending review.
Ma chi è Cottarelli chiamato a questo difficile compito? Venticinque anni di lavoro al Fondo Monetario e sei alla Banca d'Italia, laureato a Siena e alla London School of Economics, i conti pubblici italiani Cottarelli, pur lavorando a Washington dal 1988 quando entrò al Fondo dopo la Banca d'Italia e una breve esperienza all'Eni, li conosce bene. All'Fmi infatti è direttore del dipartimento affari di bilancio dal 2008 e in questi anni più volte ha redatto e illustrato il Fiscal Monitor, ovvero il rapporto dove si analizzano i bilanci pubblici delle principali economie. Compreso la nostra. E nel suo ultimo rapporto, l’'Article IV' dell'Fmi sull'Italia si chiede, a partire dal 2014, ''una revisione della spesa pubblica da cima a fondo'' per trovare il denaro che consenta di abbassare le tasse: dai tagli agli stipendi degli impiegati pubblici, fino alla sanità e agli enti locali come le province. Cottarelli ha apprezzato più volte la riduzione del deficit operata dal nostro paese. Nel maggio scorso disse che ''il grosso dell'aggiustamento è stato fatto'' approvando lo spostamento del carico fiscale dall'Irpef all'Iva. Dove l'economista non si stanca mai di ripetere di proseguire gli sforzi è nella riduzione del debito e nel far ripartire la crescita. E Cottarelli ha anche dato la sua benedizione all'opera di risanamento avviata dal governo Monti, con un esplicito appoggio alla riforma delle pensioni che ha trasformato il sistema italiano in uno dei migliori 'nell'arco dei prossimi 20 anni sullo sviluppo della spesa pensionistica e dell'healthcare'' Per il nostro paese, qualche mese fa, l'economista ha rilevato come la sfida sia ''ridurre tassazione e spesa'' distinguendo tra quella ''buona'' come investimenti e infrastrutture l'educazione peraltro bassa in Italia e i ''trasferimenti a pioggia''. Eppure l'incremento medio annuo della spesa sanitaria è passato dal 7% del periodo compreso tra il 2000 e il 2006, all'1,4% del periodo tra il 2006 e il 2012", ma "il livello dei servizi erogati non è stato intaccato", spiega Francesco Massicci, Ispettore Capo dell'Ispettorato Generale per la spesa sociale della Ragioneria Generale dello Stato, alle Commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, durante l'audizione nell'ambito dell'indagine sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica.
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Fonte: interna
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