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Malasanità: 570 casi in Commissione, 400 con la morte del paziente. Aumenta la medicina difensiva. Cgil: tagliati 30 miliardi, assistenza a rischio

Sanità pubblica Redazione DottNet | 23/01/2013 10:53

Sono complessivamente 570 i casi di presunta malasanità - tra errori del personale e disfunzioni - arrivati all'esame della Commissione parlamentare d'inchiesta (clicca qui per leggere la relazione completa) sugli errori sanitari da aprile 2009 a dicembre 2012. In 400 casi si è registrata la morte del paziente. Come si ricorderà il convegno di Merqurio ha analizzato nel dettaglio tutti gli aspetti di questo problema con un vasto parterre di esperti (clicca qui per vedere le interviste e gli interventi dei relatori). Tali eventi sono più frequenti nelle regioni in disavanzo, sottoposte ai piani di rientro. 

 

Il maggior numero di segnalazioni di presunti errori, ben 1 su 5, è relativo al parto. E' quanto emerge dalla relazione finale della commissione. Gli episodi di malasanità, rileva la Commissione, ''non sempre pero' hanno a che fare con l'errore diretto del camice bianco, come può essere nel caso limite della garza dimenticate nella ferita a seguito di un'operazione, poi curata come una massa tumorale. Spesso questi episodi derivano da disservizi, carenze, strutture inadeguate: inefficiente servizio di eliambulanza, lunghe attese al pronto soccorso, difficoltà di trasferimenti del paziente da un ospedale ad un altro, casi di infezioni ospedaliere''.  Su 570 casi di presunti errori monitorati, 117 si sono verificati in Sicilia, 107 in Calabria, 63 nel Lazio, 37 in Campania, 36 in Emilia Romagna e Puglia, 34 in Toscana e Lombardia, 29 in Veneto, 24 in Piemonte, 22 in Liguria, 8 in Abruzzo, 7 in Umbria, 4 nelle Marche e Basilicata, 3 in Friuli, 2 in Molise e Sardegna, 1 in Trentino. Ciò evidenzia come ''le regioni che spendono di piu' non necessariamente hanno un'assistenza migliore''. Tra gli eventi avversi, numerosi sono i casi di infezioni da contagio in ambiente ospedaliero.

Otto complessivamente quelli arrivati all'attenzione della commissione, tra i quali due casi di trasfusioni infette (Emilia Romagna e Sicilia), due gemelli deceduti presso l'azienda ospedaliera Pugliese-Ciaccio di Catanzaro per infezione nosocomiale, una bimba di pochi mesi deceduta all'Annunziata di Cosenza per contagio da Klebsiella pneumonie. Inoltre, su 104 episodi di malpractice avvenuta al momento della nascita, la metà è concentrata tra Sicilia e Calabria, seguite da Campania e Puglia. Proprio nel Mezzogiorno, sottolinea la Commissione, si concentra un piu' alto numero di punti nascita di piccole dimensioni e con pochissimi parti e si concentrano anche le percentuali maggiori di tagli cesarei.  Altri presunti errori sono collegati alla rete di emergenza-urgenza: persone visitate al pronto soccorso e poi mandate con leggerezza a casa, ma deceduto poco dopo, pazienti morti dopo aver atteso per ore di esser visitati, ambulanze prive di defibrillatori. Anche per questi presunti casi di malasanita', il Sud Italia e' penalizzato: 9 segnalazioni sono relative alla Sicilia, 7 alla Calabria, 6 al Lazio.

I costi della medicina difensiva.La cosiddetta medicina difensiva - atteggiamento che spinge i medici ad un eccesso di prescrizioni per evitare eventuali futuri contenziosi con i pazienti - pesa sulla spesa sanitaria pubblica per 0,75 punti di PIL, ossia per oltre 10 mld di euro, importo pari a poco meno di quanto investito in ricerca e sviluppo nel nostro Paese, e quasi pari alla quota dello Stato per l'anno 2012 dell'Imposta Municipale Unificata (Imu). L'incidenza percentuale dei costi della medicina difensiva sulla spesa sanitaria e' del 10,5% (farmaci 1,9%, visite 1,7%, esami di laboratorio 0,7%, esami strumentali 0,8%, ricoveri 4,6%). Sulla spesa privata sale al 14%, prendendo in esame soltanto i medici privati (farmaci 4%, visite 2,1%, esami di laboratorio 0,6%, esami strumentali 0,4%, ricoveri 0,1 %). In particolare, riferendosi ad un'indagine del 2010, la Commissione ricorda il dato in base al quale il 53% del campione di medici esaminato dichiara di prescrivere farmaci a titolo ''difensivo'' e, mediamente, tali prescrizioni sono il 13% circa di tutte quelle uscite dal ricettario. Il dato s'impenna al 73% con riferimento alle visite specialistiche, ove tali prescrizioni 'ridondanti' diventano il 21% del totale effettuato dal singolo medico. Quasi sullo stesso valore il ricorso a esami di laboratorio come sorta di ''autotutela'', prescritti dal 71% dei medici, con una media del 21% su quelli complessivi. La percentuale piu' alta appartiene agli esami strumentali: e' il 75,6 % dei medici che vi ricorre per 'abbondare' in sicurezza.

Troppi medici al Sud. Medici 'a macchia di leopardo' in Italia, con forti differenze tra Nord e Sud: il numero dei camici bianchi aumenta infatti ''in maniera spropositata'' andando da nord a sud, in maniera tale che la Sicilia evidenzia un numero di medici ogni 10 posti letto che e' il doppio di quelli utilizzati nel Friuli Venezia Giulia o nelle Marche. Alto, si sottolinea nella relazione, ''il livello delle spese per il personale, specie nelle regioni sottoposte a piano di rientro. A tal proposito, rilevante e' appunto la differenza nel numero di dipendenti medici ogni 10 posti letto effettivi secondo l'area geografica''.  ''E' chiaro che se per far funzionare lo stesso numero di posti letto ci sono realta' regionali che utilizzano risorse umane doppie - ha commentato il presidente della Commissione Antonio Palagiano - cio' non potra' che far lievitare in maniera esorbitante la spesa sanitaria senza aggiungere niente ad appropriatezza ed efficacia delle cure''. Inoltre, ''emerge evidente anche da questo dato - rileva - lo scarto regionale tra nord e sud, che parla di un Paese diviso da una sanita' ancora disomogenea''. Riferendosi ai presunti casi di malasanita', Palagiano ha rilevato come ''al Sud si ravvisano responsabilita' organizzative e politiche che andrebbero perseguite'' poiche' ''le colpe non sono tutte dei medici''. La Commissione, ha aggiunto, ''ha dunque fotografato la situazione della Sanita' in Italia e l'abbiamo presentata al Parlamento. Ci auguriamo - ha concluso - che il prossimo governo abbia maggiore sensibilita' riguardo la qualita' della Sanita'; i tagli recenti sono stati fatti solo per far quadrare i conti, senza pero' mai mandare a casa chi finora non e' stato in grado di governare la Sanita' del Paese''. 

Campania, incarichi senza concorso. Ben 383 incarichi apicali irregolarmente ricoperti e conferiti senza pubblico concorso presso molte aziende sanitarie locali in Campania. Sono questi alcuni dei ''gravissimi elementi'' emersi a carico della sanità campana. ''Logiche anomale'', con la ''sussistenza di evidenti legami familiari'' anche per incarichi e concorsi nei Policlinici universitari della Regione. Secondo l'articolo 15 del decreto 229 del 1999, rileva la Commissione, i direttori generali possono conferire incarichi per funzioni di particolare rilevanza e interesse strategico mediante la stipula di contratti a tempo determinato entro il limite del 2% della dotazione organica della dirigenza. Tale articolo però, denuncia la Commissione, in Campania ''non viene usato solo per funzioni di particolare rilevanza, ma anche al fine di ricoprire 'normali' incarichi dirigenziali per i quali già sono definite le modalità di assegnazione''. L'articolo in questione, dunque, ''troppo spesso si trasforma in una chiamata diretta di natura discrezionale, da parte dell'azienda, in relazione a profili professionali che andrebbero ricoperti mediante espletamento di concorso pubblico''. Quanto ai Policlinici universitari, si legge nella relazione, risultano anche ''dirigenze di strutture complesse con zero posti letto'' e ''incarichi e concorsi rispondono spesso a logiche anomale: basti confrontare i nominativi dei vincitori dei concorsi per verificare la sussistenza di evidenti legami familiari e generazionali nei ruoli ricoperti''.   Quindi, l'auspicio espresso dalla Commissione e' che ''la normativa sul governo clinico codificata dal decreto Balduzzi concorra a delineare una politica sanitaria finalmente improntata alla competenza tecnica, alla capacità operativa e al senso di responsabilità, non condizionata da logiche politi La Sanita' italiana continua ad essere caratterizzata da una ''enorme disuguaglianza'' tra Nord e Sud, e questo pesa anche economicamente in quanto favorisce i cosiddetti viaggi della speranza, ovvero la migrazione sanitaria o passiva, per andarsi a curare altrove. Questo accade soprattutto in relazione alla fecondazione assistita.

I viaggi della speranza. La Sanita' italiana continua ad essere caratterizzata da una ''enorme disuguaglianza'' tra Nord e Sud, e questo pesa anche economicamente in quanto favorisce i cosiddetti viaggi della speranza, ovvero la migrazione sanitaria o passiva, per andarsi a curare altrove. Questo accade soprattutto in relazione alla fecondazione assistita.  Le migrazioni sanitarie, sottolinea la Commissione, ''acuiscono il divario, arricchendo maggiormente regioni gia' ricche a discapito di quelle povere, che devono anche pagare la cura fuori sede''. Un esempio su tutti: nel 2011 la mobilita' passiva in due regioni e' stata pari a 520 milioni di euro, ovvero 285 milioni a carico del servizio sanitario campano e 235 sulle 'spalle' di quello siciliano. Tra le tipologie di assistenza che maggiormente incidono sulla migrazione sanitaria, quelle relative appunto alle tecniche di fecondazione assistita (pma). Dall'1 gennaio 2011 al 30 giugno 2012, le donne che si sono sottoposte al trattamento, nei centri che hanno risposto a un questionario della Commissione, sono state 50.900: di queste 37.322 erano residenti nella stessa regione del centro di Pma, mentre 13.578 hanno dovuto migrare verso altre regioni. Il 48% ha scelto il Nord-ovest. La media a livello nazionale di donne trattate per ogni centro e' di 444 donne residenti e di 168 donne non residenti. Il motivo dello spostamento verso il Nord, spiega la Commissione, e' dovuto al fatto che nella maggior parte delle regioni del nord, tali trattamenti sono previsti all'interno del sistema sanitario regionale (dunque il costo, 'migrando', e' a carico della Regione in cui si e' residenti) mentre in altre regioni sono effettuati in centri privati e, dunque, a carico del paziente. Proprio nel Sud e nelle isole si concentra il maggior numero di centri privati di pma (con 7 centri su 16). In Sicilia, su 36 centri, 7 sono pubblici e fanno 445 cicli (14%) e 29 sono privati ed effettuano il 86% dei trattamenti.

Troppi tagli nell’Ssn. ''Senza correttivi, nei prossimi anni rischia di venir meno il diritto universale alla salute e alle cure'': questo l'allarme lanciato dalla Cgil, in apertura dell'assemblea pubblica 'Una sanità. Di tutti'. Secondo una elaborazione del sindacato, nel periodo 2011-2015 i tagli cumulati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale ammontano ad oltre 30 miliardi di euro, di cui circa 20 miliardi previsti dal governo Berlusconi ed altri 10 miliardi dal governo Monti. Vanno poi aggiunti i tagli alle politiche socio-assistenziali. Si tratta di ''tagli lineari che mettono pesantemente in discussione la garanzia dei livelli essenziali di assistenza sanitaria per i cittadini, le condizioni di lavoro e persino i livelli di occupazione'', ha sottolineato il segretario confederale con delega alla sanità, Vera Lamonica, introducendo l'assemblea.   Oltre a garantire il diritto alla salute e alle cure, la spesa per il Ssn ''e' un eccellente investimento economico. Il valore aggiunto diretto e indotto derivante dalle attività della filiera della salute sorpassa i 150 miliardi di euro, pari a circa il 12% del pil. Per ogni euro speso in sanita' si generano 1,7 euro circa'', evidenzia la Cgil illustrando le sue proposte. Al nuovo governo e alle Regioni la Cgil chiede un confronto per il rilancio del Ssn pubblico e universale, costruendo le condizioni per un nuovo Patto per la salute. Con una ''priorita' immediata: evitare l'introduzione di 2 miliardi di nuovi ticket dal 2014 e che il finanziamento del Ssn nel 2013 sia addirittura inferiore al livello del 2012 (-1 miliardo)''.   La confederazione di Corso d'Italia chiede, inoltre, l'assistenza territoriale H24 e un sostegno del piano per il lavoro, per creare e salvaguardare l'occupazione nel Ssn, diretta e indiretta e la stabilizzazione dei precari.

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