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Arriva la scure sui primari: in Italia sono troppi, tremila poltrone da tagliare. Monchiero (Fiaso): occorre ridurre anche il numero degli ospedali

Sanità pubblica Redazione DottNet | 16/05/2012 19:47

In passato bastava un padrino politico per diventare primario. Oggi la vita di coloro che aspirano alla massima carica sanitaria si è fatta più difficile, anche per quanti sono in servizio. Secondo i piani del ministero dovranno essere tagliate 3 mila poltrone per eliminare ogni esubero e soprattutto per abbattere i costi. Oggi i primari tra Asl ed ospedali sono 19 mila per cui andranno via circa 1.100 primari negli ospedali e circa 1.800 primari delle organizzazioni territoriali.

 Il criterio da seguire è quello di almeno 17,5 primari nelle aree dove vivono almeno 13.500 persone. Il piano prevede l’accorpamento dei reparti ad un altro primario. Il documento si pone come obiettivo il “contenimento dei costi” e la razionalizzazione, e servirà soprattutto alle 8 Regioni quali Campania, Lazio, Molise, Abruzzo, Puglia, Calabria, Piemonte e Sicilia dove i coni della sanità sono in rosso. In Campania sono 795 i primari in eccesso, mentre nel Lazio sono 241. Entro il 31 dicembre 2012 le direttive prevedono di “contenere il numero delle strutture semplici e complesse (i reparti, ndr) entro i limiti previsti dagli standard”. Per esempio, in Toscana ci sarebbero circa 90 primari in più negli ospedali e altri 300 sul territorio. "Il documento manda un segnale positivo, dà una buona scossa anche al nostro sistema - spiega il direttore del dipartimento alla salute Edoardo Majno - Da tempo la Toscana indica alle Asl di ridurre i reparti analoghi all'interno delle stesse aziende. Adesso questo lavoro verrà accelerato, partendo da un monitoraggio preciso della situazione. Il mandato è di arrivare a una semplificazione organizzativa che riunisca le unità operative delle stesse discipline".

 In Campania la situazione è al limite del paradossale con  800 primari di troppo. I dati, relativi al 2010, sono chiari: in Campania sono 2048, infatti, le strutture complesse (ovvero i reparti, ciascuno dei quali retto da un primario o da un facente funzioni): il 60 per cento di queste sono ospedaliere, le restanti fanno capo alla medicina territoriale. Solo la Lombardia ha un numero maggiore di primari (2413) ma con il doppio degli abitanti. Tutte le altre regioni, anche quelle di grandi dimensioni, hanno tetti notevolmente inferiori: è il caso ad esempio di Lazio (1774), Sicilia (1547), Veneto (1423), Emilia Romagna (1375). Emblematico, poi, il quadro delle strutture semplici: nel 2010 in Campania erano addirittura 9845, ovvero oltre il triplo di Lombardia (3072), Lazio (3061), Sicilia (2477), Veneto (2390) ed Emilia Romagna (1643). Da qui la necessità, secondo i tecnici del ministero, di far calare la scure: a conti fatti la struttura commissariale, guidata dal presidente Stefano Caldoro e dal vice Mario Morlacco con il supporto del senatore del Pdl Raffaele Calabrò, deve rinunciare al 40 per cento di strutture complesse e all’80 per cento delle semplici.
In base, dunque, al testo del Governo le regioni i cui bilanci sono in pari dovranno, a partire dal 2012, “relazionare in merito alle iniziative adottate ai fini di adeguamento graduale ai predetti standard”, ma non avranno un termine obbligatorio di adesione. E se la Campania dovrà tagliare in maniera drastica i primari, in regioni come la Lombardia con i nuovi standard sarà necessario assumere.  Massimo Cozza, segretario di Cgil medici, afferma: “È inaccettabile ‘azzeramento automatico di migliaia di strutture con criteri ragionieristici, senza tenere conto delle prestazioni essenziali per i cittadini e senza un confronto sindacale. Certamente non sono più tollerabili unità operativa complesse con pochi letti, come accade nei policlinici universitari, né che la maggioranza dei medici di qualche reparto abbia incarichi di struttura semplice a discapito economico e professionale di altri colleghi che fanno lo stesso lavoro. Non vorremmo inoltre che per salvaguardare le baronie si lascino in vita piccole strutture, aumentando i numeri di altre per rispettare la media di 17,5 letti a primario”. Aggiunge Giovanni Monchiero, presidente di Fiaso, la federazione delle Asl: “Può darsi che ci siano troppi primari. In qualche caso si è cercato di accontentare le persone più che organizzare in modo opportuno gli ospedali. Non bisogna però attaccare la categoria, che ha qualche privilegio e grandi responsabilità”. Nel mirino delle considerazioni di Monchiero finiscono i policlinici: “Con la necessità delle facoltà di Medicina di dare posizioni apicali ai professori si sono creati molti reparti. Per risparmiare davvero bisognerebbe fare un’altra cosa: tagliare gli ospedali”.

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