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La sedazione palliativa non è eutanasia

Medicina Generale Giuliano Bono | 12/06/2014 15:22

“Contenuto a carattere medico o sanitario proveniente da una esperienza personale dell’utente”

Pubblicato sulla rivista dell'Ordine dei Medici di Torino Luglio/Agosto 2011

La sedazione palliativa o terminale è la riduzione intenzionale della vigilanza con mezzi farmacologici, fino alla perdita di coscienza, allo scopo di ridurre o abolire la percezione di un sintomo, altrimenti intollerabile per il paziente, nonostante siano stati messi in opera i mezzi più adeguati per il controllo del sintomo, che risulta, quindi, refrattario.

Un sintomo è refrattario quando non è più adeguatamente controllabile con una terapia che non comprometta la coscienza.

Sintomi che necessitano di sedazione palliativa:

- Dolore refrattario

- Dispnea refrattaria

- Delirio refrattario

- Vomito incoercibile

- Emorragia massiva

- Occlusione intestinale

- Sofferenza insopportabile

E’ un diritto del cittadino dormire se lo desidera. Ogni malato cosciente, giunto alla fine della sua vita può chiedere di essere sedato.

La sedazione palliativa provoca la perdita di coscienza, come la terapia del sonno; viene praticata con farmaci non letali (benzodiazepine, neurolettici, oppiodi, antistaminici), può essere interrotta riportando il paziente allo stato di vigilanza. Nella fase finale di una malattia terminale non ha senso interrompere la  sedazione: far ritornare il malato alla coscienza equivarrebbe a riconsegnarlo alla stessa sofferenza che ne aveva giustificato l’applicazione.

I medici sono contrari da sempre all’eutanasia, o suicidio assistito su espressa richiesta di un cittadino. L’eutanasia può essere lecita nella società, come avviene per esempio in Olanda e Belgio, ma non sarà mai un atto medico, il medico non prescrive la morte.  E’ responsabilità umana e sociale dei medici promuovere il diritto alla vita piuttosto che consentire l’autorizzazione  alla morte. Il Codice di Deontologia Medica del 2006 non lascia dubbi: art. 17 “ il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte” e negli articoli successivi fornisce le indicazioni di come prendersi cura sempre del malato: art.39 “in caso di malattie a prognosi infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psichico-fisiche e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona”.

La sedazione palliativa non è eutanasia, è un atto medico dovuto, praticato con farmaci non letali, in dosi proporzionali ai sintomi da controllare; si distingue dall’eutanasia perché l’intendimento è l’alleviamento dei sintomi, il risultato atteso è il sollievo dalla sofferenza e non la morte anticipata del paziente: la morte non è il criterio di successo del trattamento. Il non intraprenderla grava il medico della responsabilità di essersi astenuto dall’unico intervento possibile di beneficio per il paziente: cioè di aver commesso una crudeltà. Molti operatori ancora si astengono, perché temono che il praticarla possa anticipare la morte: non c’è nessuna conferma empirica di questo fatto.  Si confonde un accadimento in vicinanza temporale (la morte con la sedazione), come se ci fosse un nesso causale, in realtà la morte avverrebbe lo stesso, ma in preda a una sofferenza non controllabile in altro modo.

L’Ethics Task Force della EAPC, Associazione Europea di Cure Palliative, si è pronunciata in questo senso (2004) con riconferma in un documento più recente (Palliat Med 2009;23 (7):581-93).  Anche la SICP, Società Italiana di Cure Palliative, ha pubblicato Raccomandazioni per la pratica della sedazione palliativa  (Riv.Ital.di Cure Pall. 2008;1:15-36). Più recentemente ancora è stata annunciata la dimostrazione che la sedazione non provoca la morte.

Maltoni, Pittureri, Scarpi e altri hanno condotto uno studio rigoroso in 4 hospice dell’Emilia Romagna, in cui la sedazione palliativa è somministrata nel 25,1% dei ricoverati. Sono stati studiati 518 pazienti oncologici, divisi in 2 gruppi selezionati in modo rigoroso e randomizzati, per età, genere, motivo di entrata nell’hospice e indice di Karnofsky (Il Karnofsky Performance status serve a misurare la qualità di vita di un malato oncologico o terminale), tipo e sede del tumore, con la stessa aspettativa di vita all’ingresso (secondo il Palliative Prognostic Score): 267 persone hanno ricevuto la sedazione palliativa, 251 no. In media il periodo in cui i pazienti sono stati sedati è stato di 2 giorni. I malati sottoposti alla sedazione palliativa hanno avuto una sopravvivenza media di 12 giorni, i malati non sedati di soli 9 giorni. Sembra indifferente se nei due gruppi sia stata interrotta o meno l’idratazione.  Lo studio conclude affermando che la sedazione palliativa non ha alcun impatto sulla sopravvivenza.

Cherny del Share Zedek Medical Center di Gerusalemme riporta numerosi studi che indicano che la sedazione palliativa non accelera la morte. Nella fase finale esisteranno sempre margini di incertezza. “ Non abbiamo bisogno di paralizzarci sull’incertezza. La medicina non è la scienza della certezza, ma invece è caratterizzata proprio dall’incertezza. ..Bisogna dare risposte appropriate nonostante l’incertezza.”  Cherny conclude che possiamo dire ai pazienti e alle famiglie che la sedazione palliativa non riduce la vita.

La terapia basata sulla sedazione palliativa usata per il controllo dei sintomi refrattari nei pazienti con malattia inguaribile non accelera la morte dunque. Si temeva che questa terapia fosse una forma di eutanasia occulta, dato che spesso il decesso avviene piuttosto rapidamente dopo la sedazione, ma è stato dimostrato che questa terapia non ha alcun effetto negativo sulla sopravvivenza. Questi studi dovrebbero rassicurare i medici che non accettano l'eutanasia e fare sì che nessun paziente debba raggiungere la morte in preda a sofferenze.

Chi osteggia ancora la sedazione palliativa, dovrebbe onestamente dichiarare al paziente e ai familiari di non essere in grado di curarsi di una persona in  fine di vita.

Bono G. Il tempo di morire – Manuale degli ultimi giorni per il medico di famiglia. Roma, Il Pensiero Scientifico, 2011

Maltoni M,Pittureri C, Scarpi e et al. Palliative sedation therapy does not hasten death: results from a prospective multicentre study. Ann Oncol. 2009; 20: 1163-9

Cherny N. The use of sedation to relieve cancer patients’ suffering at the end of live: addressing critical issues. Ann Oncol. 2009; 20: 1153-5

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